Colpita alle Spalle

Romanzo giallo ambientato sulle colline del Monferrato astigiano.

Un anonimo ragioniere, che viveva nelle Campagne del Monferrato Astigiano, è stato trovato morto nella sua abitazione, ucciso da un colpo di pistola.

Il Commissario Irene Ferraris e l’Ispettore Fabio Giordano, amici fin dall’infanzia, si troveranno a collaborare nelle indagini, scavando nelle illecite attività di riciclaggio in cui era coinvolto il ragioniere, dalle quali emergeranno, però, oscure vicende che li avevano già coinvolti in passato. Vicende che credevano di essersi lasciati definitivamente alle spalle, ma che invece li obbligheranno a riconsiderare le proprie scelte e le proprie opinioni, mettendo a rischio la loro consolidata amicizia.

All’ombra dei vigneti, il racconto parla di fiducia, di senso di appartenenza, di rapporti tra persone che hanno, in comune, solo il colore della divisa che indossano, ma che spesso risulta essere un legame più forte e duraturo di quello che concediamo o riceviamo da familiari e amici.


Informazioni editoriali:
  • Titolo  Colpita alle spalle. Storie del Monferrato
  • Autore  Tobia Perosi
  • Data di uscita  15/12/2023 - TEAM SERVICE EDITORE

Il libro è disponibile nelle migliori librerie e negli store on-line, sia in formato cartaceo che elettronico
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Capitolo 1 - Le macchine grigie

Le era sempre piaciuta la strada che da Nizza Monferrato sale verso Acqui Terme.

Appena lasciato il concentrico della piccola cittadina, con il carat­teristico campanon della piazza del municipio, la strada scorre, con ampie e sinuose curve, mostrando una serie ininterrotta di vigneti composti da filari precisi e ordinati.

Il commissario Irene Ferraris, originaria di Torino, non era nuova a quei panorami, ma ogni volta rimaneva affascinata da quella precisione geometri­ca, frutto di un duro e continuo lavoro.

Da bambina aveva passato molte estati in una cascina di proprietà della sua famiglia, che si trovava nella parte nord-occidentale della provincia, e aveva avuto il modo di vedere con i suoi occhi il lavoro dei contadini, anche se la sua difficoltà e la sua importanza le erano risultate chiare solo successivamente.

Quella mattina, però, non era lì per godersi il panorama o le bellezze archi­tettoniche; nemmeno per godersi un’altra volta il buon vino, che conosceva bene, ma per altri motivi.

L’assistente capo Bruno Moretti, che da quanto era arrivata alla questura di Asti, le faceva da collaboratore, da autista, da segretario e anche un po’ da ba­lia, aveva diretto la macchina verso un vialetto in ghiaia. Quindi, arrancando, la vettura era entrata nel cortile della cascina, che si trovava proprio all’apice di una di quelle colline.

Irene aveva subito notato l’Alfa Romeo della polizia stradale, che era inter­venuta dopo la chiamata fatta al 112 dai vicini di casa, il furgone della polizia scientifica e il vecchio Land Rover del medico legale.

«Buongiorno dottoressa» l’aveva salutata prontamente un agente, appena Irene era scesa dalla macchina.

Era un ragazzo giovane, non aveva ancora i gradi da agente scelto per cui non doveva avere più di cinque anni di servizio, ma secondo lei ne aveva anche meno.

Stava in posizione militarmente eretta, quasi sull’attenti, davanti alla porta di ingresso di una piccola struttura a due piani, messo sicuramente in quella posizione dal più anziano componente della pattuglia con l’incarico di tenere fuori gli intrusi e, probabilmente, con il suggerimento di non toccare niente.

Nel cortile c’erano almeno una decina di persone: alcune vestite con abiti da lavoro, mentre altre, almeno dall’abbigliamento, potevano essere turisti. Forse ospiti del piccolo agriturismo annesso all’azienda agricola che condivi­deva il cortile con la casa.

Tra tutti spiccava una giovane donna, con un cappello di paglia a falda larga e un paio di occhialoni scuri, che sembrava uscita da un film di Fellini degli anni Sessanta. La donna commentava, con gesti enfatizzanti, le notizie che sicuramente stavano già trapelando sul motivo della presenza della polizia. Si era stupita che non fossero già presenti i furgoni delle testate di stampa e delle televisioni, ma certamente non mancava molto al loro arrivo.

Aveva salutato l’agente con un gesto distratto della mano: lui aveva abbandonato la sua statica posizione, spostandosi di lato per farla entrare nell’abitazione.

«A destra!» le aveva detto, indicando nello stesso tempo la direzione da seguire.

Era una tipica casa rurale: l’ingresso dava direttamente sulle scale che por­tavano al primo piano dove probabilmente c’erano le camere da letto; mentre due porte, ai lati della scala, portavano nei locali che normalmente erano una cucina e una sala.

Il commissario Ferraris si era diretta verso la porta di destra, come le era stato indicato, ritrovandosi, come immaginava, in una cucina. Un locale spo­glio, con il pavimento in cotto ormai consunto e stinto, gli intonaci ingrigiti alle pareti, mentre i mattoni a vista del soffitto erano di un marrone ormai scurito dal tempo e dall’incuria.

Al centro della stanza, a faccia in giù, il corpo di un uomo steso in una poz­za di sangue ormai raggrumato.

Indossava un pigiama a quadrettoni e una pantofola, l’altra era a pochi cen­timetri dal piede destro, persa dall’uomo durante la caduta prima di esalare l’ultimo respiro.